| Murakami Haruki, Norwegian Wood <<Lei era in uno stato di sovraeccitazione nervosa e confusione e voleva che io la calmassi. Spensi la luce e piano, con dolcezza, la spogliai e poi mi spogliai anch'io. Ci abbracciammo. In quella calda notte di pioggia, anche nudi non sentivamo freddo. Nel buio i nostri corpo si cercavano senza parlare. Io la baciavo e le mie mani le avvolgevano dolcemente i seni. Naoko stringeva il mio membro eretto. La sua vagina calda e bagnata mi cercava. Eppure, quando entrai in lei, provò un dolore tremendo. Le chiesi se era la prima volta, fece di sì con la testa. Rimasi interdetto. Ero convinto che Kizuki e Naoko avessero sempre fatto l'amore. Dopo aver spinto il pene più a fondo che potevo, restai fermo, senza il minimo movimento, e la tenni stretta a lungo. Poi, quando mi sembrò si fosse calmata, cominciai a muovermi piano e dopo un certo tempo arrivai. Alla fine, stringendomi forte, Naoko lanciò un urlo. Non avevo mai sentito nell'orgasmo un urlo così triste.>>
<<Qualche attimo dopo, con voce sofferente mi chiese se potevo massaggiarle un pochino la schiena. Preoccupata, vedendo che era completamente ricoperta di sudore, cercai di massaggiarle la schiena meglio che potevo. Allora lei mi fa: <<per favore, mi potrebbe slacciare il reggiseno? Mi fa male>>. Che altro potevo fare? Lo slacciai. Dato che aveva una camicia aderente, slacciai prima i bottoni della camicia e poi aprii il gancio del reggiseno sulla schiena. I seni erano grandi per una ragazzina di tredici anni, almeno il doppio dei miei. E anche il reggiseno, non era roba da ragazze. Era un reggiseno da adulte e di qualità raffinata. Bah, dopotutto in questo che c'era di strano? Io andai avanti per un pezzo a massaggiarle la schiena come una cretina. Lei continuava a ripetermi: <<scusi, mi dispiace>>, - con voce veramente mortificata, e ogni volta rispondevo: <<ma no, figurati, non ti preoccupare>>. [...] Allora le dissi: <<se tornare a casa ti fa tanto soffrire, puoi venire qui anche al di fuori delle lezioni>> [...] Non potevo fare altro che carezzarle la testa, tenendola fra le mani dicendo: <<su, su, da brava>>. A quel punto lei mi mise le braccia attorno alla schiena e cominciò ad accarezzarmi. E io mi sentii piano piano invadere da una strana sensazione. Era come... non so, come la sensazione di avere il corpo in fiamme. [...] A ogni sua carezza mi accorgevo che perdevo progressivamente il controllo di me stessa. Una cosa sconvolgente. Quando ritornai in me mi aveva sfilato la camicia, tolto il reggiseno e mi stava carezzando i seni. Allora finalmente capii che lei era lesbica al cento per cento. Già una volta una donna aveva fatto così con me, una studentessa più grande, al tempo del liceo. A quel punto le dissi: <<basta, smettila>>. <<la prego. Solo un po'. Mi sento tanto sola. Non è una bugia, mi sento terribilmente sola. Non ho che lei, maestra. Non mi abbandoni>>, disse, e prendendomi la mano se la mise sul petto. Aveva dei seni bellissimi. Sono una donna, ma nel toccarli mi sembrò che mi si sciogliesse tutto dentro. Ero completamente persa, sapevo solo continuare a ripetere come una cretina: <<basta, smettila>>. Ma il mio corpo non si muoveva. Quella volta al liceo ero riuscita a svincolarmi senza difficoltà, ma stavolta non c'era niente da fare. Il corpo non rispondeva. Lei, tenendo stretta nella mano sinistra la mia mano se la premeva contro i seni, mentre mi mordeva e leccava delicatamente i capezzoli e con la destra mi accarezzava la schiena, i fianchi, il sedere. Essere spogliata nuda in quel modo - a quel punto senza neanche che me ne accorgessi mi aveva sfilato tutto di dosso, una cosa alla volta - accarezzata, ridotta in quello stato da una ragazzina di tredici anni in una stanza da letto con le tendine abbassate... [...] Lei che succhiandomi i capezzoli non faceva che ripetere: <<mi sento tanto sola. Maestra, non ho che lei, non mi abbandoni. Sono così sola!>> e io che continuavo a dire: <<basta, smettila>>. [...] - Andò avanti così per un po'. Poi, piano piano la sua mano cominciò a scendere più in basso. E a un tratto, da sopra la mutandina, mi toccò lì. E arrivata a quel punto io lì ero completamente bagnata. [...] Poi lei infilò le sue dita sottili e morbide nella mia mutandina e allora... puoi capire tu stesso, no? [...] Mi tirò giù la mutandina e cominciò a leccarmi lì. E io che per la vergogna non avevo permesso nemmeno a mio marito di farlo, ero lì con questa ragazza di tredici anni che mi leccava senza tregua. Non ce la feci più, scoppiai a piangere. Era una sensazione troppo sconvolgente, come essere in paradiso.>>
Soddisfa, signorina Vanarda?
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